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Decalogo Noam Chomsky

In questi giorni, in seguito alle stragi parigine cominciate con l’uccisione di 12 persone della redazione del settimanale “Charlie Hebdo”, ho avuto il dispiacere di trovare sulle bacheche di molti social networkers di mia conoscenza articoli che riportavano il cosiddetto “Decalogo di Noam Chomsky”, un insieme di regole messe a punto da persone senza scrupoli per ottundere le menti delle persone e ottenerne il consenso e “smascherate” dal Chomsky.

Noam Chomsky, professore (credo in pensione…) di linguistica al MIT di Boston (è sua la teoria del trasformazionalismo grammaticale), è conosciuto al grande pubblico non tanto per la neurologia e la linguistica, quanto per le sue posizioni no-global.

Alcuni suoi lavori, dei quali ammetto ho letto solo una minima parte, sono dedicati ai sistemi politici, ai mass media e alla loro interconnessione. In nessuno di questi Noam Chomsky ha scritto il suddetto decalago.

Ora, questo è un fatto.

Purtroppo però nel web, come nel mondo reale, c’è chi dice (o scrive qualcosa) e a ruota gli vanno dietro un sacco di persone, e dietro a queste ancora altre persone, e così via. Finchè la realtà non viene modificata, per errore, per scherzo o per ignoranza.

Che qualche buontempone appassionato di Noam Chomsky abbia scritto il Decalogo non v’è dubbio. Si sarà divertito, ma questo suo lavoro non può essere considerato nè una cosa corretta, nè utile.

Il testo è diventato ben presto virale, tradotto in numerose lingue, riscritto su innumerevoli blog, registrato in numerosi video ed elaborato addirittura in formato immagine.

Al complottismo iniziale (che Noam Chomsky avrebbe smascherato nel decalogo) si sono aggiunte numerose sfaccettature.

Leopoldo Antinozzi (ricercatore universitatario, regista e documentarista) afferma preoccupato:

Ciò che sorprende di Noam Chomsky non è tanto quel che dice, quanto il fatto che lo facciano ancora parlare.

Maurizio Lozzi, dalle pagine del quotidiano online di “economia e cultura” Pagina 99, è più scientifico: descrive punto punto il decalogo per poi lasciarci, in preda all’orrore ma consapevoli di aver imparato una cosa nuova, con questa meravigliosa chiosa:

Se pensate sia fantascienza o non avete mai visto Blade Runner, Nirvana, Matrix o Elysium, un consiglio. Per evitare i media non chiudete solo gli occhi o le orecchie, l’unica è aprire la testa… ma come un paracadute, se no potreste continuare a farvi solo male.

Dino Nicolia (funzionario della Commissione europea e consigliere scientifico dell’Istituto di Relazioni Internazionali di Bruxelles), dal suo blog su Linkiesta invita le persone a stare attente, come fa lui, e dice:

Si tratta di un decalogo molto utile. Io suggerirei di tenerlo bene a mente, soprattutto in periodi difficili come questi.

Non stiamo parlando dei soliti blog “gomblottisti”, tipo quelli dove si trovano le prove del fatto che i rettiliani sono ai massimi vertici del potere mondiale. Quelli che vi ho appena riportato sono blogger dall’aspetto serio e con dei bei curricula.

Tra questi professionisti dell’informazione c’è anche Claudio Messora, già responsabile della Comunicazione del Gruppo Parlamentare del Movimento 5 Stelle al Senato della Repubblica, e ora coordinatore della Comunicazione della delegazione italiana M5S al Parlamento Europeo. Insomma Messora, al di là delle personalità politiche che sostiene (sui siti e blog del M5S di tutt’Italia ci sono decine di articoli sull’argomento “decalogo di Chomsky” che vi risparmio), dovrebbe essere un giornalista serio se è stato anche insignito nel 2010 del Premio Ischia Internazionale del Giornalismo e, nello stesso anno, del Premio Agenda Rossa. Ma del lavoro del giornalista s’è dimenticato di una cosa: il controllo delle fonti, così dal suo seguitissimo blog, tuona

Nel tentativo di strappare la maschera gioiosa del mostro tentacolare che ci ruba l’anima, Chomsky ha individuato i dieci comandamenti della struttura Delta che droga le menti, ammaliandole, confondendo in loro ogni percezione, rimescolando realtà e fantasia, evidenza e costruzione illusoria, inducendo le messi umane ad ondeggiare come campi di grano al vento, a volgersi ordinatamente nella direzione in cui un grande polmone meccanico soffia, incessantemente, senza posa.

Qualcuno però, in giro per il mondo, la briga di porsi il problema se questa storia del decalogo fosse vera o falsa c’è stata. Si chiama Naief Yehya  e scrive per RevistaReplicante, una rivista messicana di “cultura critica”. Il brillante giornalista è andato direttamente alla fonte, scrivendo una email all’esimio professore che senza indugio gli ha risposto:

È un falso. Non ne conosco l’origine. Alcune parti sono copiate, o sono simili, a cose che ho detto. Ma non è mio.
Noam Chomsky

La notizia viene quindi riportata sui social network: su Twitter non riscuote molto successo (Noam Chomsky no es el autor del texto fraudulento que ha estado circulando con su nombre: “Decálogo de la manipulación mediática. — Naief Yehya (@nyehya) 22 Marzo 2011) e allora pubblica su Facebook direttamente lo screenshot della email, racimolando solo 19 like a fronte dei  20.980 che ha, da sola, la pagina in lingua italiana.

Naief

Ma non abbattiamoci, non è solo tutta bieca ignoranza questo strano posto che è il web!

Onore al merito a due piccoli (grandi!) utenti del web nostrano: Vincenzo Castagna per un bell’articolo su Castelbuono.org (un urban blog di “Fatti e opinioni del tutto castelbonesi”) e l’utente Anonimo che ha commentato l’articolo su Linkiesta e che si è beccato una bell’accusa di “solito intellettualoide che chiede delle fonti”!

Poveri noi.

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